E per la sua virtù l’Austro venire:
E piover carne sopra lor repente
D’uccelli in copia, come trita polve,
O la rena che ’l mar al lido volve. 14 Di quelli cadde un infinito stuolo,
Stivati a monte a monte in mezzo a l’oste:
E d’ogni intorno ricoperse il suolo,
Ove le tende avean drizzate e poste.
Essi mangiàr e ne cacciàr la fame,
E ’l Signor contentò lor ansie brame. 15 L’ingorda cupidigia ancor ardea,
Ancor fra’ denti avean l’esca bramata,
Quando ’l Signor, in quella gente rea,
Le saette lanciò d’ira infocata:
Ed i più grassi e’ più potenti uccise,
E tutto ’l fiore d’Israel conquise. 16 Ma non però quella schiatta profana
Da l’innato peccar unque si stolse:
N’a le sue tante meraviglie insana
Prestò la fè, sì ch’egli il freno sciolse
A l’ira, e consumò lor vita ed anni
In ispaventi ed in mortali affanni. 17 Se dava lor la meritata morte,
Tosto si rivolgean a lui pentiti:
E con preghiere a sua mercede porte,
Ricercavan i suoi lumi smarriti.
Ricordarsi esser lui la lor fortezza,
Ed il sovran lor unica salvezza. 18 Ma la lor bocca, falsa e lusinghiera,
Nel raddolcirlo sempre fu mendace:
Nè mai la lingua alcuna voce vera
Sciolse dal petto perfido e fallace.
Perchè n’a lui ned al suo Patto santo
Ebber giammai d’esser fedeli il vanto. 19 Ma pur anche da lui dolce e pietoso
Furo le lor iniquità purgate: