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salmo lxxviii. 147

     Ed al mio ragionar l’orecchio inchina,
     Con che narrarti cose antiche imprendo:
     Onde i maggiori ci contàr l’istoria,
     E servata n’abbiam fida memoria.
2          Nè le terrem a’ posteri nascose,
     Che faran conte a la futura etate
     Le meraviglie del Signor famose,
     Da lui, con braccio poderoso, oprate.
     Del suo patto in Iacob piantò la sede,
     E ’n Israel stanza a sua Legge diede.
3          Ancor impose a’ nostri padri vegli,
     Che le fesser a’ figli lor savere.
     E a nipoti di mano in mano quegli
     Ne seguissero a dar notizie vere:
     Perchè ponesser loro speme in Dio,
     N’affondasser di lui l’opre in oblìo.
4          E fosser a servar sempre leali
     Le leggi sue, nè mai premesser l’orme
     De’ padri lor perversi e disleali,
     Il cui cor non piegossi unque a le norme
     Del suo voler, e ’l cui spirto fallace
     A servir Dio non si recò verace.
5          I figli d’Efraim, arcieri armati,
     Al dì de la tenzon voltar le spalle:
     Però ch’avean i patti violati
     Di Dio, schifando di sua Legge il calle:
     E lasciaro smarrir la ricordanza
     De’ chiari effetti de la sua possanza.
6          Egli su gli occhi degli antichi loro
     Segni e prodigi ne l’Egitto fece,
     E di Soan ne l’ampio tenitoro.
     E fesso il mar per quel di strada in vece
     Diè varco al popol suo, fermando l’onde,
     In due recise, ed ammucchiate sponde.
7          Di giorno gli guidò di loco in loco,
     D’alzata nube col segnale certo: