Ed al mondo provegga?
Sono pur di costor palesi e note
Bestemmie e colpe, e pur vivon felici,
Colmi tuttor di grazie beatrici. 7 Adunque de l’avermi netto ’l core,
Nel tuo cospetto, d’ogni vizio brutto,
Mercè non colgo o frutto:
Ed indarno le man lavo in candore:
Poscia che tuttodì mi rinovelli,
Infin dal primo albor, piaghe e flagelli. 8 Ma se così di favellar imprendo
Al tuo santo legnaggio ingiuria e frode
Fo del suo pregio e lode;
Mentre con tua ragion così contendo.
Per ciò volli chiarir quel caso oscuro,
Ma più grave tuttor mi parve e duro. 9 Entrato infin nel tempio venerando,
Chiaro conobbi, che Dio gli destina
Ad eterna ruina.
E dato lor dal ciel eterno bando,
Gli fa calar, come su ghiaccio e vetro,
Ne l’abisso, onde ’l piè non torna addietro. 10 Come furo distrutti in uno stante?
Come perir di sorte orrenda e strana,
D’infra la gente umana?
Qual sogno son, quand’uom si desta errante.
A l’apparir de la tua gloria e regno,
Avrai la lor vana sembianza a sdegno. 11 Qualor da quel dispetto inamarito,
Mi sentiva trafitto e cor e reni
Di fiero tosco pieni:
M’era, i ’l confesso, ogni senno smarrito:
Ed in me di ragion il lume spento,
Rassembrava appo te bruto giumento. 12 Ma pur ti fui di cor sempre congiunto,
E me cadente, per la destra mano,