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l’amore evanescente, la donatrice d’amore dei porti, la cariatide dei cieli di ventura. Sui suoi divini ginocchi, sulla sua forma pallida come un sogno uscito dagli innumerevoli sogni dell’ombra, tra le innumerevoli luci fallaci, l’antica amica, l’eterna Chimera teneva fra le mani rosse il mio antico cuore.

Ritorno. Nella stanza ove le schiuse sue forme dai velari della luce io cinsi, un alito tardato: e nel crepuscolo la mia pristina lampada instella il mio cuor vago di ricordi ancora. Volti, volti cui risero gli occhi a fior del sogno, voi giovani aurighe per le vie leggere del sogno che inghirlandai di fervore: o fragili rime, o ghirlande d’amori notturni... Dal giardino una canzone si rompe in catena fievole di singhiozzi: la vena è aperta: arido rosso e dolce è il panorama scheletrico del mondo.

O il tuo corpo! il tuo profumo mi velava gli occhi: io non vedevo il tuo corpo (un dolce e acuto profumo): là nel grande specchio