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piva: non di terrore: quasi infantile, inconscio, come di meraviglia.
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Il Russo era condannato. Da diciannove mesi rinchiuso, affamato, spiato implacabilmente, doveva confessare, aveva confessato. E il supplizio del fango! Colla loro placida gioia i frati, col loro ghigno muto i delinquenti gli avevano detto quando con una parola, con un gesto, con un pianto irrefrenabile nella notte aveva volta a volta scoperto un po’ del suo segreto! Ora io lo vedevo chiudersi gli orecchi per non udire il rombo come di torrente sassoso del continuo strisciare dei passi.
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Erano i primi giorni che la primavera si svegliava in Fiandra. Dalla camerata a volte (la camerata dei veri pazzi dove ora mi avevano messo), oltre i vetri spessi, oltre le sbarre di ferro, io guardavo il cornicione profilarsi al tramonto. Un pulviscolo d’oro riempiva il prato, e poi lontana la linea muta