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La vecchia città dotta e sacerdotale era avvolta di nebbie nel pomeriggio di dicembre. I colli trasparivano più lontani sulla pianura percossa di strepiti. Sulla linea ferroviaria si scorgeva vicino, in uno scorcio falso di luce plumbea lo scalo delle merci. Lungo la linea di circonvallazione passavano pomposamente sfumate figure femminili, avvolte in pellicce, i cappelli copiosamente romantici, avvicinandosi a piccole scosse automatiche, rialzando la gorgiera carnosa come volatili di bassa corte. Dei colpi sordi, dei fischi dallo scalo accentuavano la monotonia diffusa nell’aria. Il vapore delle macchine si confondeva colla nebbia: i fili si appendevano e si riappendevano ai grappoli di campanelle dei pali telegrafici che si susseguivano automaticamente.