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L’accusato si alza.
Signori, l’Italia è mal conosciuta. Gli uomini che comparvero nell’ultima rivoluzione furono giudicati solo dietro voci vaghe, mosse sempre a profitto di parte. Nulla è più naturale. Gli avvenimenti sono seguiti con meravigliosa rapidità; e non sono ancora compiuti. La scena passò dall’una all’altra regione della Penisola in maniera vulcanica. — L’occhio della storia ha forse veduto ogni cosa; ma la sua voce non ha parlato ancora. Intanto si vollero giudicare gli uomini. La procella imperversava; ci scorgeano da lungi, al balenare dei lampi; e credettero conoscerci abbastanza per fare a memoria il nostro ritratto. Signori, oso dire ch’io fui orribilmente sfigurato da quegli artisti precipitosi. Dissero: Cernuschi è anarchista. — Il motto è in voga. I miei avversarii erano interessati ad accreditare l’imputazione; quegli che non mi conoscono, non avevano motivo di respingerla; essa giunse sino all’orecchio del generale Oudinot. Suo fratello, sotto fede giurata, vi ha detto che il generale riputava di massima importanza l’arresto mio, e ciò in ragione delle mie enormezze. Il mandato ch’egli spedi a Civitavecchia, recava ch’era d’uopo arrestare, non importa dove, il sig. Cernuschi rappresentante del popolo, uno dei più focosi anarchisti. Io vi proverò che il generale Oudinot, — non è sua colpa — fu male informato. Io vi proverò, che, lungi d’esser io violento e avventato, sono uomo d’ordine, di governo, d’indole pratica; uomo consistente, come dicono gl’inglesi; uomo serio, come dicono i francesi. Signori, io amo la mia patria con animo freddo. — Voglio demolire col martello dell’evidenza tutte le prevenzioni, tutte le fallacie, che furono causa prima