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Accusato. — «Voi mi dichiarerete innocente; e allora sarete miei naturali protettori. I Francesi ponno scortarmi fuori di Roma. Signori, io sono un animo forte. Della salvezza mia non m’importa. Si compia il mio destino. Ma si tratta della mia considerazione; è questo un altro punto sul quale non transigo; uomo politico, io non vado come un ragazzo a gettar sassi sugli angoli delle strade o a portare stendardi».

Dopo che i giudici si sono consultati a voce bassa:

Pres. — «La vostra sentenza vi sarà nota domani».

Accusato. — «Non credo che vi possa essere dilazione».

Presidente. — «No, ecco le leggi francesi»...

Accusato. — «Lasciate, lasciate, signor Presidente. Non conosco il codice penale francese; e il vostro asserto mi basta; mi rimetto».

Presidente. — «La seduta è levata (ore tre pom.)

Dopo mezz’ora, il capitano relatore invita l’accusato a scendere per tornare a Castel Sant’Angelo.

Accusato. — «Signori ho l’onore».

La piazza della Minerva offre spettacolo imponente. Folla, e silenzio profondo. Gli spettatori sono tenuti a considerevole distanza da piantoni disposti in cerchio. L’accusato sale in carrozza; e dietro lui quattro gendarmi francesi nello stesso calesse; e vari cacciatori nelle vetture seguenti.

L’accusato è ricondotto nel Forte Sant’Angelo in mezzo alla commozione generale.

Il giorno 25 il capitano relatore si reca al Forte Sant’Angelo, e legge all’accusato in piedi, e presenti quattro granatieri sotto le armi, la sentenza di piena assoluzione, ed il ricorso in revisione del Commissario della Repubblica Francese.