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Giudicatemi. Sono ben lieto di astergere innanzi a voi l’ingiusta credenza che si promosse sul conto mio.

Voi foste in errore. La mia divisa fu sempre: Libertà e virtù.

Il 3 luglio, proclamammo la nostra Costituzione; e Roma era occupata dai Francesi. Io passai la notte nel mio turno di permanenza all’Assemblea; il 4, vi passai la mattina. — La sera di quel giorno, occupaste anche il Campidoglio. Il 5, Bonaparte mi offre un posto nella sua carrozza: accetto; chè oramai era partire, non fuggire, il mio passaporto è firmato lo stesso giorno alla Polizia, da voi rinnovata. A Civitavecchia vogliono prendermi a bordo del Bulldog, vapore di guerra inglese. Vi rinuncio, per non precorrere i miei colleghi. Poi passo sei mesi a studiare, nel forte di Michelangelo a Civitavecchia. Vogliono farmi fuggire, rapirmi. Io resisto all’invito. Per fermo, io sono il più strano de’ colpevoli. — Signori, a manco di fortuna e felicità, la coscienza ci fa tranquilli e impassibili.

Prima di finire, per mostrarvi in qual modo un vano rumore possa aver corso incredibile, ecco un fatto singolare sul conto mio. Non so se per rendermi odioso o ridicolo, si disse: Cernuschi tempo fa era prete e canonico. Questa ciancia posta in giro diventò in Roma persuasione generale. Se fossero chiamati in proposito testimoni che l’abbiano udito dire, come quelli che assistono a questo processo, se ne avrebbero a centinaia. Ma certo non avrebbero la magia di provare ciò che non è; in parola d’onore, non fui prete mai, di nessun colore.

Mi rimane un solo pensiero ad aggiungere. Signori, non è egli vero che se l’Assemblea Romana avesse