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sia con noi. Qui non ci sono traditori. — Viva la Repubblica (l’oratore, scendendo dalla tribuna, è circondato da’ suoi colleghi ec., applausi ec.)».
Questa sola citazione basta a provarmi innocente.
In seguito venne il sig. Lesseps. Il sig. Lesseps fece di tutto per vincere sul terreno diplomatico. Non era facile, colla Nazione di Macchiavelli e del Concilio di Trento. — Deluso, per non rimanere senza parte nella scena, voltò faccia e tradì i suoi committenti.
A proposito del signor Lesseps, ricevo qui all’udienza una lettera di Parigi. Sia ben venuta. Vi trovo il passo che or leggerò, d’un dispaccio inviato dal sig. Lesseps il 18 maggio, al suo ministero.
«L’Assemblea Romana ad unanimità deliberò di nominare una commissione per entrare in negoziati. Furono chiamati a farne parte Sturbinetti, Audinot di Bologna e Cernuschi di Milano. Quest’ultimo, che sarebbe stato una buonissima scelta, non accettò per delicatezza. Gli parve più convenevole che la deputazione fosse composta di soli italiani originarii dello Stato Romano».
Io non ho ammirato mai l’avviamento che il sig. Lesseps diede ai negoziati; ma siccome il valore delle persone non dipende dalla mia opinione, mi sia lecito citare questa testimonianza del console di Barcellona, di colui che Guizot incaricava dei matrimonii spagnuoli. Il sig. Lesseps sembra dire che l’anarchista potrebbe essere un buonissimo negoziatore, forse un diplomatico. E questa testimonianza fu fatta in quel tempo che il sig. Lesseps eraci sommamente avverso.
Le ostilità si riaccesero. Perchè la resistenza fosse onorevole e consentanea all’idea che la dettò, biso-