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capo attuale della spedizione. Gli è però sempre vero, che l’intervenzione francese potrà essere occasione per risolvere il gran problema della libertà italiana». (Monitore Romano 25 aprile).
L’invio della protesta aveva mutato notabilmente il tenore dei proclami del generale Oudinot. E su questo io diceva all’assemblea, la notte del 25 aprile: «La nostra condotta savia e degna ha già ottenuto un risultato. Persistiamo sull’istessa via. Il generale Oudinot dichiarò ai nostri inviati, che la Francia non ha una politica prestabilita. Cerchiamo dunque d’indicargliene una, con una condotta nobile e franca. Io ve lo dico francamente, in fondo sono contento di una influenza francese in Italia». (Monitore Romano)
Sì, io sosteneva che l’intervento francese finirebbe coll’esserci vantaggioso; e lo credo ancora. L’ultimo vostro battaglione non partirà mai. — «Ma perchè questo intervento possa avere presto o tardi tal felice risultato, una condizione è necessaria, io ripeteva: difenderci da prodi».
Signori, la notte del 14 giugno, io fui, come parlamentario al quartier generale di Villa Santucci. Vi scorsi la bandiera italiana, che oggi trovasi appesa all’Ospizio degli Invalidi di Parigi. È fortuna per me di qui distruggere dubbi sollevati da una malaccorta opposizione contro la legittimità di quel trofeo. Perocchè quella bandiera, nel tempio di Napoleone, allato ai vessilli di Marengo e di Iena onora l’Italia. Quella bandiera comanda rispetto; e senza vicendevole rispetto, nessuna fratellanza tra popoli.
Del resto, la deliberazione di difenderci, anche al punto di vista più attuale, era savia. Lo prova il