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navigazione online e riflessi penali


o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594 [ingiuria (depenalizzato)], 595 [diffamazione] e 612 [minaccia] del codice penale e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali […] commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne”.

Anche questo rilievo risulta sicuramente significativo in ordine alla dimostrazione della non secondaria rilevanza, anche penale, delle condotte poste in essere on line dai ragazzi (e non solo).

Durante l’iter parlamentare, è da segnalare un tentativo di estensione non solo della nozione di cyberbullismo, ma anche della disciplina conseguente1.

Infatti, il testo della proposta di legge C 3139, così come approvato dalla Camera in data 20 settembre 2016, estendeva sic et simpliciter il potenziale profilo del cyberbullo e della vittima anche oltre la maggiore età, ma senza porre l’attenzione in maniera preponderante a quanto nasce in ambito scolastico o di aggregazione.

In tal modo si sarebbe legittimamente assistito alla dubbia configurabilità di atti di cyberbullismo (o di bullismo)2 tra soggetti adulti, nonché alla potenziale conseguente facilità di rimozione di contenuti asseritamente riconducibili alla condotta di un cyberbullo.





  1. In argomento, si rimanda a quanto argomentato nel seguente paper: RICCARDO M. COLANGELO (2017), Cyberbullismo e responsabilità: Internet è veramente un mondo virtuale?, in corso di pubblicazione in PAOLO PASSAGLIA, DIANORA POLETTI (a cura di), Nodi virtuali, legami informali: Internet alla ricerca di regole, Pisa, Pisa University Press.
  2. Il riferimento al bullismo, come si avrà modo di esplicitare, è stato soppresso nel testo del d.d.l. approvato dal Senato in terza lettura in data 31 gennaio 2017.

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