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— Senza fallo, disse Caleb.
— Allora io l’amo, io posso amarla con tutta l’anima mia, sclamò la cieca.
E si dicendo abbandonò il povero volto privo di luce sulla spalla del padre e tanto pianse e tanto, ch’egli si sentì rammaricato di averle creata una felicità che ora le costava amare lagrime.
In quel mentre vi era stato un grande va e vieni nella casa di Gianni Peribingle. Piccina naturalmente non poteva uscir di casa senza il bimbo, e perchè questi fosse all’ordine, ci voleva del tempo, non per colpa sua nè per peso o misura, ma perchè richiedeva tante e tante cure e tutto doveva esser fatto appuntino. A mo’ d’esempio, quando il bimbo tirato a quattro spille pareva ragionevolmente pronto ad uscire, e che un ultimo tocco dovesse farne un bambino modello da essere mostrato al mondo intero, allora appunto era avvolticchiato in un cappuccio di flanella e messo nel letto, dove il poverino si sfiatava a mo’ di dire un’oretta almeno. Poi ritolto da quello stato d’inazione tumido e strillante, bisognava ammannirgli... preferisco, se lo permettete, dire in termini generali... una leggiera colazione; e dopo di nuovo a dormire.