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— Mi pare, disse Tacleton fra i denti, che ella abbia già dimenticato ogni cosa. Ehi, Caleb!

— Posso arrischiarmi a dire che son qui, pensò Caleb e rispose: Signore!

— Fate in modo che ella non dimentichi ciò che or ora le ho detto.

— Dimenticare, signore? è una delle poche cose a cui non riesce.

— Ognuno piglia le proprie oche per cigni, osservò il mercante sogghignando. Povero diavolo!

E contento di sè per tale maliziosa osservazione l’antico Tacleton se ne andò per la sua via.

Berta, in preda ad una profonda meditazione, era rimasta immobile dove egli l’aveva lasciata. Ogni gaiezza era sparita dal suo volto ora mestissimo. Tre o quattro volte scosse la testa come se la vincesse memoria d’alcuna cosa perduta; ma le sue dolorose riflessioni non irrompevano in parole.

Solo quando Caleb sempre operoso ebbe terminato di attaccare i cavalli ad un biroccio col metodo assai spiccio d’inchiodare i finimenti sui fianchi dei pacifici animali, la cieca si accostò all’usato sgabello e sedendosi presso il padre, gli disse: