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conducevano i porcellini alla fiera, pubblici banditori che solennemente ammonivano le compre coscienze de’ deputati, vecchie signore che mosse da ingegnoso meccanismo rappezzavano calze o trinciavano pasticci, e mille altre simili cose di sua fattura messe in vendita. E che dir poi delle maschere? Aveva pure in alcune scatole scimiotti spaventosi dagli occhi rossi, vampiri volanti e ballerini indiavolati che saltavano su all’impensata e facevano sbalordire i poveri ragazzi. Tali cose rivelavano interamente l’anima sua, esse erano il suo ristoro ed il suo rifugio, nè credo vi fosse chi il superasse in tali invenzioni. Pareva che un genio malefico lo inspirasse. Ultimamente egli aveva gettata non poca moneta in certi trasparenti da lanterne magiche con inoltri accuratezza colorati, che rappresentavano le potenze d’averno con viso umano e rivestite di una squama di pesci soprannaturali. Col solo monopolio de’ giganti si era messo da parte un piccolo capitale. Benchè egli non fosse pittore, sapeva all’uopo indicare col gesso agli artisti da lui occupati certe fuggitive espressioni di sembianze di mostri, che dovevano senz’altro togliere ogni tranquillità di spirito ai giovanetti