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— Son venuto a bella posta, disse Tacleton saltando giù dal carrozzino: non ponete mente al cavallo; se volete dargli un pugno di fieno, se ne starà tranquillo.

Il carrettiere ne recò dalla stalla, lo mise dinanzi al cavallo ed entrambi poscia entrarono in casa.

— Voi vi sposerete nel dopo pranzo, non è vero?

— Al certo, rispose Tacleton; abbiamo dunque il tempo.

Quando entrarono nella cucina Tilda l’attonita picchiava all’uscio dello straniero; uno dei suoi occhi arrossiti (ella aveva pianto tutta notte, perchè piangeva la padrona) era appuntato al buco della toppa; e più bussava, più appariva spaventata.

— Non posso farmi sentire, disse Tilda guardando attorno; spero, se così vi piace, che niuno sia entrato e rimasto morto. Ed ella accompagnò il filantropico voto con nuovi calci e pugni che non ebbero migliore risultamento.

— Entrerò io? chiese Tacleton; la è curiosa!

Il carrettiere che evitava di guardare a quell’uscio gli fe’ cenno che andasse pure.

Così Tacleton accorse in aiuto di Tilda