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Allora si appigliò al partito di evadere; ma, prima di partirsene, nella sua prudenza, abitando presso piazza Nicosia, che è sul Tevere, gettò nel medesimo tutte le carte relative al Concilio, lasciando il suo equipaggio, con istruzioni alla padrona di casa di spedirglielo.

La Polizia, saputane la partenza, accedette colà coll’idea di perquisirla; ma il prelato aveva recato seco le chiavi, e instruita dalla depositaria che, avendo presenziato e coadiuvato l’apparecchio dei bagagli, in essi contenevansi oggetti di vestiario, ritirandone una sua dichiarazione in iscritto, abbandonò le ulteriori ricerche.

Intanto, si cercò d’impadronirsi di alcune tra le carte galleggianti sul Tevere.

I vescovi tedeschi, per essersi permesso di parlare con opposizione sopra articoli proposti nelle adunanze conciliarie, furono richiamati all’ordine.

Del che lagnatisi, riunitisi tutti in assemblea, presso il Primate di Ungheria, formularono una solenne protesta al Papa, reclamando la libertà della parola, quale era stata ripromessa nel programma della sinodale convocazione.

II S. Padre, pro bono pacis, s’interpose, e, con parole conciliative, calmò i loro animi.

La pubblica finanza, a fronte di tanti bisogni e spese crescenti, trovasi in angustie.

La Propaganda Fide, che sempre sopperisce, con le immense ricchezze che perennemente le pervengono, per generosi lasciti di fedeli, agli urgenti bisogni della Chiesa, avendo oramai esausta la cassa, da alcuni giorni è costretta vendere qualche capitale.