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Si ebbero a deplorare molti morti e diversi feriti da ambo le parti, e persone bene informate assicurano che i cadaveri furono trasportati con tre carri.

Soltanto a Campidoglio vi furono 30 uccisi.

Intanto il quartiere Serristori, dove sono acquartierati gli zuavi, che era stato minato in varii punti, esplodendo da un lato, ne fece saltare in aria una parte, restandone vittima 21, la maggior parte del concerto.

Nel giorno seguente, 24, poco prima dell’Ave Maria, senz’alcun segnale di cannone, usciti improvvisamente i gendarmi e gli zuavi, con la baionetta in canna, obbligarono tutti i cittadini a ritirarsi a casa e chiudere le botteghe.

Ciò, naturalmente, doveva esser foriero di qualche altro avvenimento.

Infatti, circa le 9, furono incendiate varie bombe all’Orsini, una delle quali a piazza Colonna, che non esplose, altra al Clementino, che uccise quello stesso che la gettò, e si dice sia un impiegato alla dogana.

Vi furono uccisioni proditorie di gendarmi e zuavi trovati alla spicciolata.

In tali catastrofi, due donne, una al vicolo del Vantaggio, l’altra al vicolo Savelli, rimasero morte di fucilate.

Si organizzarono pattuglie di cavalleria con le carabine in spalla ed altre di fanteria, coadiuvate dai così detti cappelletti, in sciarpa bianco-gialla, che si dicono papalini volontari, sentinelle avanzate per la città.