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Persone che sembrano bene informate assicurano che il Papa stesso volle leggerlo prima della pubblicazione.




    delle rivelazioni della Diotallevi in specie sfuggirono al furto, rimasero intieri in potere della Giustizia, e potè il Tribunale valutarne nel suo giudizio il valore, calcolandoli come indicazioni.
          »E l’Osservatore aggiunge: non è d’uopo d’esser criminalisti per comprendere, che se il Tribunale doveva pigliare a calcolo quelle carte, esse sarebbero state citate dalla Relazione Fiscale. Eppure fra le migliaia di citazioni ond’essa è gremita, non ve ne ha una sola che le richiami. Dunque quelle carte non erano giudiziali, nè potevano esserlo, perchè informi, perchè non paginate, perchè non congiunte al processo medesimo.
          » Ottimamente! Il Governo del Sommo Pontefice volendo difendere un assassinio giuridico senza esempio, che il suo decoro non gli permetteva di riconoscere e di punire, non poteva, secondo la sua natura, fare di meglio, che mostrarsi al pubblico tanto impudente, quanto scellerato.
          » Posto dal Comitato Nazionale in istato d’accusa innanzi la opinione pubblica, il Governo Pontificio ha assunto l’attitudine di un reo convinto e non confesso. Per tale l’ha riconosciuto il pubblico dopo la lettura di quei due articoli, e quella stessa parte di esso, non grande in vero che gli è benevola ha dovuto tacere e compiangere l’insipiente degradazione morale a cui è giunto».