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l’ora del compimento della grand’opera sarà giunta, la sua voce si farà udir di nuovo tra noi. Fidiamo nella sua parola. Quando il primo soldato d’Italia parla d’indugio, noi possiamo aver fede che se questo è ancora necessario, sarà però breve — e sarà l’ultimo.

» Romani! Più che ad ogni altra città italiana, a Venezia ed a Roma toccò lunga ed acerba la prova della sventura. Ma che questa non abbia domo il vostro coraggio; che abbia ritemprato in voi la maschia virtù del perseverare nei forti propositi, la virtù che sopra tutte ingigantì gli avi nostri, ben lo dicono all’Europa le migliaia de’ nostri fratelli che in carcere o in esilio pagano già da gran tempo il loro tributo di amore all’Italia. Lo dicono altresì quegli indirizzi che di fronte alle minaccio e alle furie pretesche firmaste, or fa un anno, affermando altamente i vostri diritti al Re e all’Imperatore de’ Francesi; lo dicono le 500 nuove famiglie che, dopo quell’epoca, dovettero subire perquisizioni violente o alcuno de’ loro cari imprigionato o esiliato; lo dicono infine le cento dimostrazioni, e più di tutte, quella del Carnevale che obbligò il ministro Billault a confessare solennemente nei Senato Francese che per esso i Romani avevano detto abbastanza, e che il giorno in cui l’armata francese lasciasse Roma, una insurrezione sanguinosa la renderebbe all’Italia.

» Forte del diritto della Nazione e di questi fatti che attestano al Mondo qual sia la forza che vieta a Voi di esercitare il vostro, la voce del Re tuonerà