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Nella sera dello stesso giorno, monsignor De Merode, ministro delle armi, per mezzo del capitano Eligi dei gendarmi, fece procedere all’interessante arresto di Venanzi, dovizioso fornaio, al quale furono trovate molte carte rivoluzionarie tra cui:

      Corrispondenza politica coll’estero,

      Minute di articoli inseriti nei giornali,

      Un protocollo,

      Nota di circa 7000 individui, che si presume copia delle sottoscrizioni agli indirizzi mandati, nell’anno precedente, a Napoleone III e Vittorio Emanuele.

Il Venanzi confessò apertamente di essere il segretario del Comitato nazionale romano, ma che non avrebbe, ad alcun costo, rivelato i membri1.

Vennero eziandio arrestati altri individui non solo dei compromessi col Venanzi, ma eziandio di coloro che andarono alla passeggiata del Foro Romano, tra cui i mercanti di campagna:

De Angelis e
Gualdo,


  1. Qui sbaglia il Roncalli e ce ne fornisce manifesta prova la stessa relazione fiscale, nella quale, a pag. 108 (607 del processo), leggonsi le seguenti parole: «Ha impugnata (l’inquisito Venanzi); la cognizione di qualsiasi qualifica, tanto più di esserne di alcuna investito».
          L’egregio patriota dichiarò apertamente (foglio 2489 del suo processo) «esser diretti i suoi desiderii e le sue azioni al solo intento che si accomodassero gli interessi della Chiesa con quelli della Nazione». E fu questo sempre il desiderio del Governo italiano e del Comitato nazionale romano che ne seguì e ne vide trionfare la politica.