Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
428 | diario roncalli |
30. — Da alcuni giorni girano per Roma due indirizzi l’uno a Napoleone, l’altro a Vittorio Emanuele, tendenti ambedue a far cessare l’attuale stato di cose in Roma. Si dice che sieno di già composti di migliaia di firme1.
4 Maggio. — Nella mattina dei 30 aprile, per ordine sovrano, circa 30 gendarmi invasero l’arcispedale di S. Spirito, e, alla insaputa dello stesso monsignor commendatore Narducci, piantonando le stanze dei medici e chirurgi studenti, procedettero ad una rigorosa perquisizione.
Rinvennero carteggi politici col Piemonte e con tutte le parti dell’Italia redenta, un foglio colla firma autografa di Vittorio Emanuele, stemmi ed emblemi rivoluzionari, un foglio colle nomine di un ministero
- ↑ Questi indirizzi, che noi abbiamo riportati altrove, firmati da uomini d’ogni classe, per la maggior parte padri di famiglia raccolsero, in due mesi, e durante la ferrea dominazione pontificia, circa 10,000 firme. Se ad esse aggiungiamo quelle degli emigrati e dei carcerati politici, ch’erano una continua protesta contro il Governo stesso, apparirà che i Romani, col rischio del carcere e dell’esilio, compirono, in quei giorni, un plebiscito non inferiore di numero a quello dell’Italia Centrale e di Napoli, quando già erano libere.
Il Governo pontificio, che comprese la somma importanza della dimostrazione, volendo impedirla col colpire alcuni firmatari, promise premio di 300 scudi a chi gli avesse recato una scheda con qualche firma. Ma, sebbene esse andassero per le mani di molti non si trovò in Roma, che non è seconda a nessuna delle città sorelle in onestà e patriotismo, chi, per amor di guadagno, tradisse la causa nazionale.
L’indirizzo a Parigi fu portato dal principe di Piombino, da Vincenzo Tittoni e dall’architetto Camporesi.