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cese a fare un atto di scusa per l’avvenimento dei giorno precedente.

Si dice che il generale, privatamente, disapprovasse quanto aveva pubblicamente approvato, per non compromettere più oltre la pubblica tranquillità.


31. — Ai 27 giunse in Roma il barone De Roussy, segretario di legazione di S. M. il re di Sardegna, latore di una lettera di Vittorio Emanuele al Santo Padre, contenente i motivi della sua accettazione alla dedizione dei popoli delle Legazioni1.

Mediante gli uffici della legazione francese, eseguì la sua commissione rimettendo il dispaccio nelle mani del cardinale Antonelli, segretario di Stato.

Nel giorno seguente tornò a prendere la risposta e quindi partì da Roma.

Intanto, appena conosciutosi il contenuto del dispaccio del re di Piemonte, si ordinò, in tutta fretta, di tirare alcuni esemplari della scomunica, ed uno di questi fu rimesso nel piego dell’incaricato sardo del re Vittorio Emanuele, per tutta risposta.

Nella mattina dei 29, alle 6 antimeridiane, il colonnello Nardoni, per ordine superiore, si recò da monsieur Mangin, prefetto di Polizia francese, a prevenirlo che alle 7 antimeridiane sarebbe stata affissa nei luoghi di pratica. Il suddetto prefetto, dopo partito il colonnello, si espresse cosi: «Benissimo, si sono preparate due uova al tegame».


  1. La lettera di cui parla il Roncalli è forse quella del 20 di marzo del 1860, pubblicata dal Massari, a pag. 87 del 2° volume della sua opera intitolata: La vita ed il regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d’Italia, (Milano, Treves, 1878).