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 1859  349

L’Incaricato aveva seco Silvagni figliuolo del pittore, professore di S. Luca, ora defunto. Giovane, di qualche talento, si avviava all’avvocatura e frequentava lo studio dell’avvocato Mandolesi1.

Si assicura che fosse offerta all’Incaricato una scorta e che rispondesse che se era per onore egli vi rinunziava, se per individuale sicurezza non aveva di che temere, se, in fine, per scopo a lui ignoto, doveva tacersi.

Però, dopo il Ponte Molle, due gendarmi francesi ed un maresciallo dei dragoni ne scortarono la carrozza.

Si assicura che l’Incaricato, nella sera, giunto a Viterbo, trovò che la via che doveva percorrere era illuminata.

I biglietti di visita mandati all’incaricato, che, secondo alcuni si fanno ascendere a circa cinque

    furia, mandò per nuovi rinforzi, e, quando giunsero, dal balcone del palazzo Ruspoli, ove abitava, veniva gridando loro: «Repoussee avec la force». Ma l’immensa folla accorsa, prima che i francesi vi si schierassero, occupò lesta la piazza del Popolo e le sue adiacenze, sicchè all’arrivo del ministro sardo, i gradini delle chiese di Montesanto, dei Miracoli, di Santa Maria del Popolo ed i grandi loggiati del Pincio erano stipati di gente, che, sventolando i fazzoletti proruppe da ogni parte, nelle grida di «Viva l’Italia, viva Vittorio Emanuele» e fece voti pel felice e pel prossimo ritorno del conte Della Minerva.

  1. Il Silvagni, che accompagnò il conte della Minerva, era Davide, autore di una pregevole opera intitolata: La Corte e la Società romana nei secoli XVIII e XIX (Roma, fratelli Bocca, 1881-83) e di altri scritti politici e letterari, nipote e non figlio del cav. Silvagni, che fu pittore e preside dell’Accademia di S. Luca.