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Nella sera dei 28 maggio i Francesi affissero, in varii caffè, il bollettino della guerra, glorioso alle armi alleate.

I gendarmi pontifici, con poca prudenza, ne staccarono un esemplare affisso ad un caffè incontro al palazzo Ruspoli. Furono presi a fischiate ed ingiuriati con male parole.

Nella mattina dei 29 maggio, alla messa militare, a S. Luigi de’ Francesi, immenso concorso. Solita dimostrazione al generale de Goyon con levata di cappello. Quindi piccole riunioni di borghesi e Francesi.

La dimostrazione fu ripetuta avanti all’abitazione del generale quando ritornò a casa a pranzo.

Ai 29 di maggio giunsero in Roma gli artiglieri pontifici che erano di guarnigione in Ancona. Quaranta ne disertarono precedentemente.

II generale austriaco s’impadronì dei pezzi di cannoni che avevano; li disarmò, e, colla semplice divisa militare, mandò il rimanente a Roma.

Sono giunti i dragoni di Sinigaglia, che avevano avuto il cambio.

Per istrada, ne disertarono 69 con un basso uffiziale. Da Macerata 30, da Foligno 9, da Narni 30.

Nel colonnato di S. Pietro si trovò scritto: «Giacomo piange, Giovanni ride» (allude alla politica del cardinale Antonelli e del Papa).

Nelle ore pomeridiane dei 28, circa 40 volontari passeggiavano fuori di porta Pia, a passo militare, aventi alla testa un sergente francese, gridando a quando, a quando: «Viva l’Italia, viva la libertà».