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1854 | 281 |
- Antonio Capistoni, romano, d’anni 26.
- Ignazio Mancini, di Ascoli, id. 30.
- Giovanni Marioni, di Forli, id. 28.
- Gustavo Rambelli, di Ravenna, id. 28.
Il Capistoni morì in carcere di tifo, ai 22 settembre 1853.
La decapitazione di tali malfattori seguì la mattina dei 24, alle 7 1|2 antimeridiane, alla Madonna de’ Cerchi.
Allorquando fu comunicata loro la sentenza non si turbarono punto; anzi chiesero di mangiare e bere, e varii caffè. I confortatori fecero inutili sforzi per convertirli, ed in tale contumacia furono tradotti al patibolo.
Dodici tamburi dovettero di continuo battere per confondere, col loro suono, le orrende bestemmie che, lungo la strada, profferirono, e il canto della nota canzone: «Chi per la patria muore, vissuto ha assai — Bello incontrar la morte gridando libertà».
Il primo di essi, senza voler entrare nella conforteria, ascese il palco festevole, e, colà giunto, si pose a ballare, all’usanza romanesca, gridando: Viva l’Italia, viva la repubblica, morte ai preti, forti compagni.
Il secondo, similmente impavido, rinnovò le stesse declamazioni, terminando col dire che moriva per sostegno dell’Italia.
Il terzo poi, giunto sul palco, si pose a fare una calorosa apostrofe ai cadaveri dei suoi compagni con indescrivibile freddezza encomiando il loro eroismo.
I confortatori concepirono qualche speranza di ravvedimento per quest’ultimo, imperciocchè, appressa-