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Il pro-ministro si tace sul debito galleggiante e, coi due milioni circa di deficit che soltanto occupa, nasconde le piaghe vergognose ed incurabili dello Stato, e crede così di rassicurare il pubblico, che, d’altronde, è troppo illuminato sui fraudolenti maneggi di quell’amministrazione.

Egli, intanto, all’urgenza del caso, crede di provvedere col solo prestito di altri due milioni con Rotschild, e ciò principalmente per pagare al medesimo gii 800.000 scudi di frutti scaduti.

Non riflette però che al secondo semestre l’imbarazzo sarà eguale e forse anche più grave.

Si vuole che abbia tentato un prestito maggiore; ma che il sovventore, per mancanza di fiducia e per non trovare le debite garanzie, se ne sia ricusato. Con altri sovventori le difficoltà diverrebbero insuperabili.

Esso crede di poter fare appello alla tassa sull’industria ed a quelle che vorrebbe introdurre sui legni di lusso e sui cani. Generalmente, però, tali risorse veggonsi incerte ed insufficienti a riparare il vuoto tenebroso ed enorme che vi è nella finanza, e queste, in sostanza, non faranno che aumentare la sfiducia nel Governo, gli inimici al medesimo, l’avvilimento nel commercio ed il malcontento generale.

In siffatto deplorabile stato di finanze, il pubblico, frattanto, con indignazione osserva che il pro-ministro non desiste dalle soverchie spese, imperciocché ora ha disposto d’inviare commissioni a Londra ed a Parigi per studiare i Bolli a secco, prendendo argomento dalla facile falsificazione verificatasi nella Stato pontificio nei Boni del Tesoro.