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1850 | 221 |
Si dice che il Papa gli negherà qualunque udienza.
Intanto S. Santità, la mattina dei 25, mandò alla Direzione del Giornale di Roma il numero 301 del
saporti. Cercò, più volte, il ministero piemontese di calmare le ire della Corte di Roma e di provarle come «resistenza d’una giurisdizione privilegiata, indipendente dal potere reale, e riguardante affari temporali, non poteva più conciliarsi collo disposizioni dello Statuto;» ma ogni tentativo riuscì vano.
Luigi Franzoni, arcivescovo di Torino, ordinò al clero della sua Diocesi di non presentarsi ai tribunali ecclesiastici senza permesso della curia arcivescovile.
Come lui, fece Alessandro Varisini, arcivescovo di Sassari.
Intanto Pietro de’ Rossi di Santa Rosa, ministro per l’agricoltura e pel commercio, sentendosi vicino a morte, chiese l’Eucaristia. Quantunque un sacerdote, pio e dotto, attestasse d’aver ricevuta la confessione, tuttavia il parroco, per ordine dell’arcivescovo, glie la negò, ov’egli non disapprovasse prima la parte da lui avuta nella legge Siccardi.
Il poveruomo, ch’era religiosissimo, dichiarò d’aver operato secondo che la coscienza gli dettava, e aggiunse che dei dubbi sortigli già aveva trattato col confessore. Ma stette ferma la curia in sul diniego. Il buon sacerdote, che l’aveva confessato, pieno di pietà, presentò, allora, una dichiarazione in cui il moribondo, riconoscendo l’autorità del capo dei cattolici, proclamava d’aver usata nella sua opera di ministro tutta la maggiore coscienza, e d’osservi stato sorretto dalla sicurezza di non venir meno alle sacre leggi della Chiesa. Ma il parroco, non che accontentarsene, tormentava vie più l’ammalato con vive insistenze e colla grave minaccia che il suo corpo non sarebbe stato sepolto in terra sacra. Piangevano gli astanti; piangevano i parenti; piangeva la infelice moglie, che, ginocchioni, supplicava il parroco a non straziare maggiormente le ultime ore del suo sventurato marito; dolevasi questi amaramente nel vedersi privo dei conforti di quella religione che aveva amata sempre e sempre scrupolosamente praticata; ma ripeteva, tra le lagrime, che la sua coscienza d’uomo onesto gli vietava di dichiarare cosa non vera e di lasciare un nome disonorato a’ suoi figli. E, in mezzo al