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Ponte Molle, il benvenuto a nome del Papa, e poscia, con gli ospiti imperiali, era rientrato in Roma per porta del Popolo, mentre gli applausi risuonavano calorosi. Su, nel Palazzo del Quirinale, Papa Pio VII, passeggiando su e giù nervosamente, aspettava sulle spine nel suo appartamento. Molte erano le ragioni per cui il Papa doveva serbare viva riconoscenza all’Imperatore d’Austria, e molte e grandi furono le feste che egli ordinò in suo onore ed in onore della sua graziosissima consorte. La loro dimora in Roma si protrasse a lungo ed ogni giorno vi furono nuove feste, rese sempre più cordiali dalla simpatia che si seppero in breve guadagnare; ad accrescerne lo splendore erano giunti in quei giorni il principe Antonio di Sassonia, il granduca Michele di Russia con la sua moglie e sorella, l’arciduca Palatino e l’arciduca Leopoldo di Toscana, principe ereditario. Tralascio dì ricordare i sontuosi ricevimenti a cui prese parte tutta l’aristocrazia romana e forestiera, con a capo la Duchessa del Chiablese, tralascio le visite a S. Pietro e la solenne Cantata dello Zingarelli, data in loro onore in Vaticano, durante la settimana Santa, l’illuminazione della Cupola, le serate di gala al teatro Tordinona e Aliberti, la geniale accademia, data in loro contemplazione dal celebre Paganini: ma il ricevimento dato in Campidoglio in loro onore non può essere trascurato.
«Le L.L. M.M, I.I., così scrive il nostro Diarista nel dì 20 aprile, sono giunti in Campidoglio poco dopo l’un’ora di notte per la via delle Tre Pile, mentre tutte le altre carrozze han dovuto fermare appiè della scala, espressamente costruita in legno e coperta dì tele, che dall’arco di Settimio Severo conduceva al Palazzo del Museo, ove sono smontati i Sovrani e vi si sono trattenuti per un poco di tempo a vedere l’illuminazione. Indi, apertasi la porta del passetto, espressamente eretto in legno per comunicare col Palazzo di mezzo, passarono nel medesimo e sì fermarono nel gran balcone formato sulla scalinata del Palazzo per vedere il fuoco d’artificio. Terminato il fuoco, rientrarono nel Salone, ove ascoltarono una cantata a tre voci, poesia dell’Abate Loreto Santucci, minutante di Segreteria, e musica del maestro Fioravanti. I cantanti furono la Signora Marconi e Trasmondi ed il basso Cartoni. Finita la