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dei rescritti controversi ma questi s’affrettarono a dichiarare che vent’uno di essi erano falsi. Lo stupore e l’ilarità generale giunse allora al colmo: erano rescritti pontifici, concedenti pensioni vistose, cappellanie, onorificenze, per ottenere i quali, si diceva e si ripeteva da tutti, fossero state sborsate grandi somme, e tutti questi rescritti erano da tempo già stati vidimati e registrati dalla Segreterìa dei Memoriali. Il fatto stesso buttava nel discredito e nel ridicolo tutta quanta l’organizzazione amministrativa dello Stato Pontificio e per correre al riparo si volle ad ogni costo dare una lezione esemplare. Ma il Natali moriva nel Novembre dello stesso anno, nel carcere di Castel S, Angelo, durante le more dell’istruttoria, e per quante camicie sudasse il povero rappresentante dell’azione fiscale ogni giorno più si doveva convincere che l’Adami e il Ricci erano in completa buona fede e che il Menicocci non doveva essere il ricercato falsificatore, poichè nulla risultava aver egli intascato dei denari sborsati per ottenere i rescritti; e l’istruttoria si protraeva all’infinito. Finalmente, dopo un anno e mezzo circa, poichè si doveva pur dare una lezione che salvasse il perduto prestigio del Governo, nell’11 Novembre 1819 venne proposta e discussa la famosa causa. «Per falsificazione di rescritti pontifici e per commercio dei medesimi», Capro espiatorio di questo scandalo, poichè non si potè o non si volle scoprirò il vero colpevole, restò il povero Menicocci, il quale venne inesorabilmente condannato a morte, pena commutata poi dal Papa nella galera a vita. Gli altri due vennero condannati a cinque anni di fortezza ed alla perdita dì tutti i benefici e pensioni che prima godevano; dal patrimonio di tutti i rei poi, compreso quello del defunto Natali, fu deciso che dovessero prendersi le somme indebitamente percette e si dovessero erogare in opere pie.
Cosi ebbe termine questo famoso processo che da solo basterebbe a dimostrare la singolare anormalità del Governo Pontificio.