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un vero e magnifico Museo. Il suo Mecenatismo, ed i lavori, che quasi in permanenza faceva eseguire, l’avevano resa rispettata e riverita fra la classe intellettuale e fra gli operai.
Nel 1817, ottenuto il necessario permesso, dette incarico al suo maggiordomo, marchese Luigi Biondi, di far degli scavi nel suo tenimento di Tormaranci, fuori porta di S. Sebastiano e questi li eseguì con arte e con amore per un lungo periodo d’anni. Gli scavi furono fortunatissimi; numerosi e preziosi monumenti vennero ritrovati in quelle località, e rimessi all’onore della luce nel bel Museo di Piazza Paganica, e più se ne sarebbero ancora trovati; ma il Re Carlo Felice, suo fratello, la richiamò nel 1823 a Torino e quivi ella morì un anno dopo, lasciando tutti nell’afflizione e nel dolore.
Nel suo testamento già con nobile atto aveva deciso che a mostrare il suo grato animo verso il Governo Pontificio, che per tanti anni l’aveva ospitata, tutti gli oggetti antichi, trovati in Tormaranci ed accumulati in Roma, nel Palazzo Paganica, venissero rimessi al Museo Pio Clementino.
Nel 1825 fu presentato a Leone XII l’articolo del testamento e l’elenco dei monumenti lasciati al Museo, e poco dopo questi venivano consegnati al Sig. Marazzani, Maggiordomo dei Sacri Palazzi Apostolici, con preghiera che li ponesse uniti con una lapide onoraria1.
Un processo per falsificazione di rescritti.
Sui primi di Luglio del 1818 voci misteriore ed insistenti cominciarono a bisbigliarsi sommessamente nei ritrovi mondani e nei pubblici uffici di Roma: il Signor Luigi Polidori; molto noto nel mondo degli affari, non ostante l’aperta opposizione del Camerlengo, era riuscito proprio in quei giorni ad ottenere in suo favore un rescritto di privativa, riguardante le cartiere e gli stracci. Il fatto aveva prodotto in tutti una grande impressione, prevedendo chi sa quali attriti tra il Papa e il
- ↑ Vedi Luigi Biondi. Monumenti Amaranziani in vol. 3° del Museo Chiaramonti.