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tutti nella Provenza, e procede libera, tra il delirio di tutto un popolo, sino a Parigi. Né ciò bastando, ad accrescere il terrore, si sparse come un baleno la voce che il re di Napoli, Giovacchino Murat, si moveva colle sue truppe per coadiuvare i progetti Napoleonici. All’annunzio che il 22 Marzo 181 5 le truppe napoletane erano entrate effettivamente per Terracina nello Stato Romano, in Roma si fu tutti in orgasmo e non si pensò che a fuggire: «il Papa stesso, così scrive il nostro Diarista, dopo aver fatto a Monte Cavallo la solita funzione di tutta la famiglia, si è incamminato verso il mezzogiorno nella forma consueta verso il Vaticano, come praticava sempre per il passato, per restarvi i giorni santi. Circa poi le 2,30 pomeridiane in carrozza e due cavalli, senza farsi conoscere, è partito per porta Angelica alla volta di Viterbo. Il mattutino in Cappella Sistina vi è stato secondo il solito, ma il pubblico ha aspettato invano il S. Padre. Verso le 22 è stata affissa ima notificazione del Segretario di Stato in cui si partecipa al pubblico il ritiro momentaneo di S. Santità».

La partenza del Papa determinò quella di tutti i cardinali e prelati e quella dei ministri e rappresentanti degli altri Stati Cosi ancora una volta questo Governo fantasma cadeva, ancora una volta lo Stato Romano veniva lasciato in balia del primo venuto. Alla partenza del Papa fu creata è vero una Giunta di Stato per l’amministrazione provvisoria, ma questa Giunta non dette quasi mai segno di vita, lasciando la città nei tumulti e lasciando che le truppe napoletane scorazzassero liberamente e giungessero sino a Roma. Ma se poco era stato il danno che lo Stato Romano ebbe a risentire in questo primo periodo dell’invasione napoletana, grandissimi furono invece quelli che si verificarono dopo la venuta dell’Esercito austriaco, condotto dal Nugent; l’esercito invasore e l’esercito dell’ordine si contesero la nobile palma del primato nelle stragi e nelle rapine tutto a danno dell’infelice suddito pontificio1. Quando poi le

  1. Ricordo a questo proposito quanto ebbe a soffrire una cittadina dello Stato Pontificio alla quale mi legano quasi vincoli patrii. Nella notte del 1° maggio 1815 un numeroso stuolo di Napoletani, condotti da Camillo Borgia di Velletri, il quale era corso a iscriversi nelle truppe del Murat, che aveva inalberato la