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nell’Aprile a tutti gli sbirri di tutti i Tribunali di non riconoscere altra Autorità che la francese. Nell’Aprile stesso furono arrestati tutti i componenti la Guardia Nobile, e contemporaneamente la truppa francese entrava nel Palazzo di Montecavallo, ma senza l’intenzione di romperla definitivamente; il governo del Papa restava ancora nominalmente in piedi, nella sua lenta agonia di vecchio organismo, e la scena comica, tra esso e il Comando delle truppe francesi, si protraeva senza grand’interesse ora con passi avanti ora con passi indietro. Ad accrescere il ridicolo, in ogni ricorrenza fausta del Papa, le truppe francesi facevano parata in piazza S. Pietro, l’artiglieria sparava a salve, ed il Generale Miollis, nel Palazzo Doria, ove alloggiava, faceva illuminazione di fiaccole e lanternoni.

Nel 12 Maggio 1808 fu pubblicato il decreto che riuniva al Regno Italico la Marca, il Ducato d’Urbino e Camerino, ma per Roma nessun provvedimento ancora. Il Generale Miollis, in attesa degli ordini di Napoleone, restava intanto il vero padrone dello Stato; giustizia vuole si ricordi che egli venne a poco a poco introducendo varie savie riforme nella città, facendo decretare che né carrozza, né uomo potesse uscire dopo un’ora di notte senza lume, reprimendo molti ed inveterati abusi, domandò le rivolte che spesso scoppiavano. Quando però Napoleone si fu liberato degli affari di Spagna e di Napoli e quando ebbe ancora per una volta fiaccato l’audacia dell’Austria, da Vienna rivolse a Roma ogni suo pensiero. Per ogni dove si parlava delle sue vittorie, nessuno più osava resistergli; in Roma l’agitazione era grande e dall’alto del Quirinale si vegliava, sempre in attesa di eventi: il sole del 10 Giugno 1809 annunziò ai cittadini che il Potere Temporale era caduto.1

Purtroppo però questa caduta non fu definitiva; cinque anni dopo, l’11 Maggio 1814, il Cardinal Rivarola, Delegato Apostolico, riassumeva in nome del Papa il possesso di una parte dello Stato Pontificio e pochi giorni dopo, fra le acclamazioni generali, ritornava in Roma, dopo dolorose traversie,

  1. Il nostro Diario dal 1809 al 1814 presenta una lunga lacuna.