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E così attendo la mia primavera
una ed intera, ed una gioia e un sole.
Voglio e non posso, e spero senza fede.
Ahi, non c’è sole a romper questa nebbia,
ma senza fine e senza mutamento
sta in ogni tempo intero ed infinito
l’indifferente tramutar del tutto.

Pur tu permani, o morte, e tu m’attendi
o sano o tristo ferma ed immutata,
morte benevolo porto sicuro.
Chè ai vivi morti quando pur sia vano
quanto la vita il pallido tuo aspetto,
e se morir non sia che continuare
la nebbia maledetta
e l’affanno agli schiavi della vita,
— purchè alla mia pupilla questa luce
che pur guarda la tenebra si spenga,
e più non sappia questo ch’ora soffro
vano tormento senza via nè speme,
tu mi sei cara mille volte, o morte,
che il sonno verserai senza risveglio,
su quest’occhio che sa di non vedere,
sì che l’oscurità per me sia spenta.


notte 16-17 aprile 1910.