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e mi toglie da me, si ch’io non possa
saziar la mia fame ora qui tutta?
Ma solo e miserabile mi struggo,
lontano e solo, anche se a te vicino
parlo ed ascolto, o mia sola compagna.

Mentre di tra le dita delle nubi
a che occhieggian le stelle nel sereno?
Gia trapassa la notte e nuove fiamme
leverà il sole, ch’ei rispenga tosto.
Passano i giorni e già sarà qui il verno,
e il sol sorgendo pallido e incurante
farà fiorire il fango per le strade....
A che occhieggian le stelle nel sereno?
Qui bulica la terra e qui si muore,
cantano i galli e stridon le civette.
O gioia del novello nascimento,
o nuovo amore e antico!
O vita, chi ti vive e chi ti gode
che per te nasce e vive ed ama e muore?
Ma ogni cosa sospingi senza posa
che la tua fame tiene, e che nel vario
desiderar continua si trasmuta.
Di sè ignara e del mondo desiosa
si volge a questo e a quello, che nemici
le amica il vicendevole desio,
nemica a quelli pur quando li ami,
e ancor a sè per più voler nemica.
Così nel giorno grigio si continua
ogni cosa che nasce moritura,
che in vari aspetti pur la vita tiene,
ed il tempo travolge — e mentre vive
vivendo muor la dïuturna morte.

Ed ancor io così perennemente
e vivo e mi trasmuto e mi dissolvo,
e mentre assisto al mio dissolvimento,
ad ogni istante soffro la mia morte.