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È dunque la nascita il caso mortale per cui gli uomini muoiono ad ogni istante in tutto ciò che vogliono. Ma essi pur sempre hanno fiducia che quella sia la realtà intangibile, che a loro è necessaria, ma della quale non hanno in sè alcuna sicurezza, nè si curano d’averla. E ognuno si gira avidamente nel guscio delle cose che gli son dilettose, e presume d’esser sufficiente alla loro sicurezza, quando pur ne fruisce e risponde con la paura e con l’odio alla richiesta altrui. E il dio gioisce della privazione che la paura impone e della rovina che l’odio produce, e li fa battere nella perpetua inimicizia con vicendevole danno, e li assoggetta all’inimicizia delle altre cose della natura, e infine del tutto li travolge. E poichè essi via pur sempre si riilludono, ogni limitazione del proprio creduto possesso, fino alla necessità delle più piccole rinuncie — tutto trascende la loro realtà, come la stessa morte, e fa loro soffrire nella vita il dolore della morte. 12. — La senti la voce della società? È come un ronzio colossale; ma se porgi l’orecchio a seguire i singoli suoni, udrai voci d’impazienza, d’eccitamento, voci di gaudenti senza gioia, di comando senza forza, di bestemmia senza scopo. E se li guardi negli occhi, vedrai in tutti, nel lieto e nel triste, nel ricco e nel povero, lo spavento e l’ansia della bestia perseguitata. Guarda tutti come s’affrettano, s’incontrano, s’urtano, commerciano. Sembra davvero che ognuno vada a qualche cosa. Ma dove vanno e che