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cima!» — Guarda se i tuoi artisti non somigliano un po’ a quest’alpinista. Essi che vogliono aver fatta l’opera, come possono aver posto per altre sensazioni? Ed ogni emozione essi non la provano, ma vogliono provarla, o meglio vogliono averla provata. Accanto a questo sentimento prepotente definito concreto, che fa capo alla fame, quale altro può vivere?
N.
— Ma se pur c’è, vuol dire che può vivere. E infatti questi artisti creano instancabilmente.
R.
— Già, perchè creare una cosa, nel vocabolario d’oggi, significa dare un segno di sè a proposito di una cosa, parlare della propria qualsiasi relazione verso una cosa. Ogni attimo della sua vita è prezioso a quest’artista. Egli sa che basta che lo scriva, lo dipinga, lo canti, e l’ha reso immortale. Perciò in ogni cosa egli non vive volgarmente, come un uomo che soffre e gioisce, vuole o rifiuta, che ha affetti, passioni, speranza, melanconia, disperazione — come sarebbe volgare tutto ciò! Ma egli vive da artista, egli è al di fuori di tutto questo.
N.
— Ma come non lodi tu questa libertà da tutti i piccoli inganni di questa vita, se tale è la vita di questi artisti? ma è la vita che più s’avvicina a quella degli dei.
R.
— Nell’Olimpo! Bene questi sono i nostri olimpici, gli dei che degnano questa terra del contatto delle loro piante.... Peccato una cosa soltanto: che queste divinità, qui in terra, soffrano un tale diuturno martirio, che io credo che nel