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poichè in ognuno è il piacere che prevede e preoccupa il futuro in giusto ritmo, così ch’egli non abbia a preoccuparsene con cura penosa. Un tema musicale nelle sue giuste variazioni.
N.
— Lo considero, e mi sembra pur sempre cosa sconsolata, poichè non giunge a ciò che vorrebbe — e la consolazione appartiene al suo essere illuso. Ma prosegui.
R.
— Mettiamolo ora in contrattempo o in fuga, precipitando il ritmo in caccia cosciente dei piaceri secondo che tu dici.
N.
— Mettiamolo.
R.
— Ora la bocca non lavora più per il corpo ma lavora per sè, l’occhio non considera più le cose vicine e distanti a difesa del corpo, ma si dà alla pazza gioia per il proprio gusto, così l’orecchio, così il tatto. Le membra a loro volta rifiutano la fatica, e ognuna per quarto sa e può ricerca e moltiplica quelle cose, che le facevano piacere prima nel servizio del corpo ora che hanno fatto sciopero — e ognuna le ricerca per sè. Ma avviene uno strano fatto: quella dolcezza che c’era prima non c’è più, poichè apparteneva al corpo e alla sua continuazione. Ognuna delle parti prova delle amare delusioni che minacciano di guastarle la festa. La bocca trova che il pane e la carne sono ben insipide e volgari, e si mette a studiare sfruttando le proprie esperienze fatte nel duro tempo del servaggio; va a cercare il dolce per sè e il salato, e l’allegante per sè, e non si sazia di zucchero e di cose piccanti e di vini, quando anche questo le