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N.
— Certo.
R.
— Ma ora ammettiamo che tu viva nel paese dell’abbondanza, dove il peso delle frutta schianta i rami degli alberi, dove, purchè tu allunghi le braccia, ed il pasto delizioso è pronto; e la terra è così ricca e il sole così generoso, che ogni cosa germoglia da sè senza la fatica dell’uomo; dove le bestie s’adagiano ai piedi dell’uomo perchè questi ne faccia quanto più gli aggrada; dove gli uomini vivono in continuo riposo godendo l’uno dell’altro e godendo ognuno della natura, senza leggi che limitino a ognuno il suo diritto, poichè la terra largisce a ognuno più di quanto gli occorra senza chieder niente — dimmi non prenderesti ogni tua cosa con lo stesso piacere dalle mani prodighe della natura che dalle avare mani della legge umana?
N.
— Certo con più piacere.
R.
— Poichè la ricchezza della natura ti darebbe ben più valida sicurezza pel futuro che la legge degli uomini.
N.
— Certamente.
R.
— Epperò in quel beato paese ti diresti più ricco che qui, e più cose sarebbero tue.
N.
— Senza dubbio.
R.
— Dunque la questione del diritto non ci determina la proprietà che in riguardo alla sicurezza verso gli altri uomini. Quando di questa non abbiamo più bisogno anche il diritto perde ogni significato. Come è dunque tua una cosa tua, se prescindiamo da ciò? Che ti serve che essa sia tua? che te ne fai?