tua fantasia la vita alla morte; ora che questa luminosa natura ha riaffermato in te i suoi diritti vitali, vuoi quasi col godimento esaurire la vita prima di morire.
N.
— Può ben esser così.
5. R.
— Bene: è più giusta questa posizione per l’uomo. Noi abbiamo parlato del male e della morte, e non siamo giunti a dire cosa sono e perchè siano da maledire, ma soltanto che ci tolgono il godimento delle cose della vita. Per saper dunque il male temuto dagli uomini che sia, bisogna ben che vediamo che cos’è questo bene, che l’esserne privi è un male si grave. Dice il poeta che ogni uomo cerca morendo la fuggente luce. Così tu prima girando lo sguardo amoroso intorno, hai parlato del dolore d’abbandonare tutto ciò. Abbandonare? è forse tuo tutto ciò?
N.
— Mio no, secondo il diritto, ma mio più veramente.
R.
— Come questo? forse che s’io ne tolgo un pezzo tu non sei più quello che eri?
N.
— No certamente. È mio perchè lo vedo e mi rallegro.
R.
— Se l’hai visto e ti sei rallegrato, che ti toglie più lo spegnersi della luce?
N.
— Mi toglie di vederlo ancora.
R.
— Allora quanto vedesti in passato non t’è mai bastato.
N.
— No certamente, ma è sempre come fosse una cosa nuova.