tere in dubbio che il freddo non sia un male certo; e per l’uomo che ha mezzi polmoni consunti, la buona tisi è la perfida invitta nemica; e colui che le persone amate e le sue cose care si sente per sempre strappare, e questi monti luminosi, e questo azzurro del cielo, e questi verdi piani, e questo mare scintillante vede impallidire e spegnersi nel tramonto che non ha aurora — quegli non si chiede la morte che sia, e se sia un male anche per gli altri o un bene; ma questo solo sa che niente gli vale più della vita, perchè niente può dargli ciò che il cessar della vita gli toglie.
R.
— Tutto ciò è ben così come dici; ma da ciò quale massima trai per la vita?
N.
— Quale massima? Nessuna massima! quando ogni argomento è impotente davanti alla sorte che ci oltraggia — ma vivete e godete, che il tempo stringe, e l’ora s’avvicina che ogni cosa vi sarà tolta!
R.
— Dunque pur sempre una massima! Ti ricordi come hai combattuto l’augurio del buon vecchio prima giù nella valle fredda del cimitero? Tu parlasti allora d’una vita visitata da tutti i mali che ci insegnasse a sopportar l’estremo male, la morte ineluttabile.
N.
— È vero mi sono contradetto, ma....
R.
— Più a parole che in realtà. Difatti come prima così ancora ti ribelli all’inconcepibile passaggio dalla vita alla morte; ed è questa la giusta ribellione dell’uomo che vive. Soltanto che nella valle senza sole adattavi secondo la