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DIALOGO SECONDO.
IL GIUDIZIO, LA LIBERTÀ, IL TURCO
E LA POLITICA.
E LA POLITICA.
- La Libertà
- Oh poveretta me? Avete udito?
- Il Giudizio
- Che cosa?
- La Libertà
- Quell’inferno di cannonate dalla parte di Levante? Quello è stato il segnale dell’ultimo mio sterminio.
- Il Giudizio
- Cosa avete da spartire coi Levantini? Forse anche i Turchi si sono impazziti per la libertà?
- La Libertà
- Non si tratta dei Turchi, ma dei Greci. Io avevo piantata la mia bandiera nella Grecia, in quella terra classica madre delle scienze e delle arti, e sono venuti là pure a perseguitarmi e distruggermi.
- Il Giudizio
- Era da dirsi, e ve la potevate aspettare. Figliuola mia, voi avete un bel nome e ancora un volto grazioso, ma da poco in qua vi si è guastata la testa, e con le vostre pazzie siete entrata nelle tasche a tutti i discendenti di Adamo.
- La Libertà
- Questa volta però nessuno poteva condannarmi, giacchè l’avevo presa solamente coi Turchi, e non si poteva aspettare che anche i Turchi trovassero protettori contro di me.
- Il Giudizio
- I Turchi, pazzarella mia, sono padroni in casa loro come ognuno è padrone in casa sua, e perciò la sovranità dei Turchi deve essere rispettata come quella degli altri principi.
- La Libertà
- Oibò, oibò. Il Gran-Turco è un tiranno, e i Greci avevano ogni ragione di scuotere il giogo della tirannia. Voi che siete il Giudizio dovete comprenderlo meglio di ogni altro.
- Il Giudizio
Appunto perchè sono il Giudizio comprendo affatto diversamente. Il Turco ha cattivo nome, e chi non è stato in Turchia crede che in quel paese non