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rezza il limite superiore della somma occorrente alla impresa gigantesca di cui ci occupiamo.
Spesa presumibile.
Alla mia prima comparsa sugli Appennini, motivata da ricerche relative a Strade ferrate, alla vista di quei considerabili gruppi di frastagliate montagne, di quei massi sporgenti, di quegli sproni bizzarramente serpeggianti, di quei seni erti ed angusti, di quei fossi e borri profondi, di quei larghi e precipitosi torrenti; non disperai della eseguibilità di un progetto della sfera del nostro, ma certo mi si offerse per prima cosa alla mente una massa esorbitante di denaro, come necessaria a far fronte alle numerose difficoltà, ai potenti ostacoli, che arditi contrariano l’ardito concetto. E grandi somme infatti si richiedono anch’oggi per queste colossali Operazioni, ad onta dei rapidi progressi della scienza e dell’arte, ad onta della economia dall’una, dall’altra e dalla concorrenza procurata. È però altresì vero che l’abitudine di parlare e di sentir parlare di milioni colla indifferenza con cui pochi anni addietro si discorreva di centinaia o di migliaia di lire, ci ha fatto prendere una certa confidenza con quella cifra molto significante, e se non m’inganno, qualche volta si getta là con una specie di distrazione, senza rifletter bene a tutta l’estensione del suo valore. Una volta sola mi ricordo di avere udito un brav’ Uomo esclamare in faccia ad un Ingegnere, che insisteva sul bisogno di aumentare una certa somma per un dato lavoro: dite bene; convengo; sono molte le cose da far-