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è abbastanza difficile. Popolo immigrato da tre regioni del globo ed in varie epoche non bene determinate dalla storia e fuso con quattro popoli aborigeni, gli umbri pelasgici, i liguri, gli osci ed i volsci iapigei, e probabilmente anche coi celto-galli cisalpini, non può avere acquistato il suo carattere nazionale di forma craniana che dopo molte generazioni e secolare sviluppo di pacifiche istituzioni. Ond’è che il vostro relatore opina che si abbiano a considerare quali tipi di forma etrusca solamente quei cranii i quali appartengono all’epoca fiorente delle dodici citta etrusche, quarto o quinto secolo avanti l’era cristiana.

Nella più volte lodata memoria del Nicolucci, di cui io sto facendovi rapporto, egli annunzia come si riserbi di trattare di proposito questo argomento in un lavoro speciale che verserà esclusivamente sull’antropologia dell’Etruria.

Nessuno può essere più capace e competente del Nicolucci per rischiarare questa questione del tipo craniale etrusco, ed io faccio voti perchè al più presto ci sia dato di far tesoro delle profondissime cognizioni del nostro illustre antropologista italiano.»

Anche l’autore dei Crania britannica, il celebre antropologista inglese dottore J. B. Davis, diede ragguaglio nell’Anthropological Review1 fra gli altri lodati lavori del Nicolucci di quelli risguardanti Villanova e Marzabotto, toccando ancora, severamente, della lettera del Vogt.

Da si bella pleiade di scienziati nostrani e stranieri, la cui relazione e benevolenza ho in gran pregio, non poteva non diffondersi luce nelle indagini etnologiche sui cranii dei sepolcreti bolognesi, e se tutta la tenebra non ne venne rimossa si fu per le cagioni avvertite dal ch. Gamba. Sperando adunque e curando che ulteriori ritrovamenti possano somministrare più copiosi e sicuri elementi a studii antropologici, prendo atto dell’essere stato

  1. Nel 1867 col titolo Italian anthropology.