Pagina:Di alcuni sepolcri della necropoli Felsinea.djvu/32


– 25 –

riprodurre convenientemente le sembianze umane, quanto nella stela d’essa necropoli a raffigurare le forme di animali. Ma poichè oggidi s’inclina ad attribuire ai Galli ciò che d’arcaico si rinviene al di qua d’Apennino, farò notare che i Galli, e solo essi, si radevano la barba tenendo intonsi i mustacchi, come si vede nella celebre statua che fu un tempo creduta e detta un gladiatore moribondo, non che nel sarcofago d’Ammendola e nell'aes-grave riminese1. Ed all’incontro la testa di cui parlo ha tutta la barba prolissa, mozza però adesso per rottura della pietra.

Ma lasciando da parte questo incerto monumento bolognese, però non volgare, da me conservato, e ritornando alla stela, non credo sia mestieri di parole a dimostrare che tale più arcaica che rozza scoltura non potrà mai essere appropriata a quel popolo semibarbaro delle terremare il quale non conosceva altro modo di abitare che entro capanne costrutte di argilla, legno e paglia2, e che non ha lasciato alcun vestigio di scoltura nelle sue molte reliquie.

Al popolo della necropoli felsinea certamente non erano per contro sconosciute le arti figurative, poichè delineava animali nei punzoni con i quali imprimeva le figuline. Di che maggior copia e maggior varietà d’esempii ci ha somministrato il sepolcreto di Villanova, con di più figure umane, benche rozzissime, anch’elleno a stampo, e un idoletto in bronzo di forme muliebri non al tutto spregevoli. E, benchè pochi, questi sono sufficienti indizii d’uno stadio dell’arte al quale non disconvengono i primordii della scrittura tosca, rinvenuti nelle tombe di Vadena in Val di Non, che sono giudicate contemporanee e connazionali del sepolcreto di Villanova dal dottissimo professore conte Conestabile, il quale confermò l’etruschismo

  1. Cf. la sopraccitata lettera del Borghesi.
  2. Strobel e Pigorini, Le terremare e le palafitte del parmense pag. 22.116.