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venche pel bernoccolo o corno incipiente che si vede sorto nella testa intera, la quale, come l’altra monca, e stranamente rivolta in senso opposto alle zampe. Ma da tali storpiamenti non rifuggirono gli Etruschi nè meno quando erano addentro nelle arti, chè non è raro vedere da loro disegnate figure umane la cui meta superiore e d’un tratto volta al contrario della inferiore1. Si può supplire con certezza la mancanza nell’alto della stela pel rapporto con la meta rimanente, non è così della parte di sotto, ove solo può supporsi continuasse il corpo di essi animali.

Ma non essendo probabile che tutto ciò fosse un’insignificante decorazione, vi sarà ascosa sotto forme simboliche, ed è da indagare, qualche credenza conveniente alla religione dei sepolcri.

Gli Etruschi attinsero credenze panteistiche, cultura ed arti del disegno nelle regioni antichissimamente civili dell’oriente e dell’Egitto, e conformarono al tipo di esse il proprio stile ieratico. Così che grandissima è la copia dei monumenti sepolcrali toschi con ogni maniera di simboli animaleschi egizii ed orientali, con i quali velavansi arcani religiosi e quelli particolarmente relativi alla dottrina fondamentale del dualismo ed allo stato delle anime dopo morte2.

Ora il grande scrutatore delle antichita egiziane osserva, che il toro, il bue, la giovenca, i quali vivono in climi opposti, hanno altresì una parte principale nel sistema cosmogonico e nelle credenze religiose di nazioni che sono d’origini differenti. L’Europa, l’ Africa, l’Asia, egli dice, hanno del pari immedesimati questi animali nei proprii riti, simboli ed allegorie. Nei rituali funebri degli Egizii,

  1. Mi basti citare la figura di mezzo d’una pittura murale d’un sepolcro tarquiniese pubblicata dal Micali. Stor. dei pop. ant. ital. Vol. 4. tav. 68. n. 2.
  2. Des Vergers, L’Etrurie Vol. 1. pag. 255 e segg. Micali. Stor. degli antichi pop. ital. Vol. 2. pag. 97 e segg. e Vol. 3. pag. 137 e segg.