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manomesse non potevano per certo somministrare la diversità di oggetti sparsi là in 193 tombe inviolate.

Dalle quali cose, e dai più minuti particolari delle indagini da me fatte nello esplorare i sepolcreti di Villanova e di Bologna, mi si manifesta indubitabile la contemporaneità loro e la identità della gente che v’ebbe l’ultimo vale. E come il sepolcreto di Villanova fu trovato di molto interessante dagli archeologi pel suo arcaicismo, per l’intattezza e copia delle sue tombe, per la diligenza e il metodo con cui fu investigato (di guisa che tutti i fatti e le circostanze narrate nella mia descrizione furono testè raccolti minutamente e ripetuti dal dotto francese Gabriele de Mortillet1, il quale riprodusse alquanti disegni della suddetta mia descrizione coll’intendimento di dimostrare che qui e altrove il segno della croce era un simbolo religioso assai diffuso in età molto anteriore al cristianesimo) così io credo che il necropolio di Bologna sia anch’esso di non lieve importanza, non solo perchè viene a conferma della notizia tramandataci da Plinio, altro non essere Bologna che la prisca Felsina2, ma e perchè ci fa vedere una totale conformità col sepolcreto di Villanova e ci manifesta, direttamente da sè e indirettamente con le sincrone e connazionali tombe di esso sepolcreto, riti, costumi, industrie di quella Felsina, della quale non sapevamo prima se non il nome cangiato poi dai Romani e che fu tosca metropoli. Onde più vero non fu mai il detto dell’illustre Raoul Rochette: «le moindre débris échappé des ruines de l’antiquité nous en apprend plus que tous les livres»3.

Codesto gruppo di tombe, poc’oltre l’antico recinto della città, e parte molto probabilmente della costei necropoli,

  1. Cf. Le signe de la Croix avant le Christianisme Chapitre II Cimetière de Villanova, dalla pag. 50 alla 97.
  2. H. N. lib. 3. c. 13.
  3. Cours d’archéol. pag. 35.