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nella parte solubile si è riscontrata la presenza del ferro e dell’allumina. Pertanto il valente chimico conchiude il suo particolareggiato rapporto col dire che «la tinta, tenuta insieme da una sostanza organica, e composta di ferro e calce allo stato di idrati o carbonati e di argilla a base di allumina e di ferro; della calce però ve n’è piccola quantità.» Sicchè quella materia colorante e un’ocra ed è fissata probabilmente o per mezzo di olio o di cera.
V’era qualche pezzo d’ambra per fibule, altri globetti di vetro azzurro e giallo per aghi crinali e per fibule, sformati dal fuoco, altri frammenti di novacula e d’un coperchio di bronzo simile a quello descritto, una testa e qualche ossa di cavallo. Sicchè di notevole non vi trovai che tredici pezzetti d’osso, da un lato rozzi e mostranti il tessuto cellulare, dall’altro con linee parallele e circoli concentrici incisi (fig. 16), il cui solco è di tale uguaglianza e nitidezza da non poter
esser fatto se non con un ordigno sull’andar del trapano a mano. Di fatti nel centro vi è un buco che pare prodotto dalla punta attorno alla quale devono aver girati i due denti che solcarono i circoli concentrici. I quali sono bensì ridotti adesso ad elissoidi, ma è chiaro che ciò derivò dall’azione del fuoco che contrasse le fibre cellulari dell’osso.
Siffatti oggetti sono identici per la forma e per gli ornati a quelli rinvenuti in una sola tomba di Villanova ed è perciò che ho detto esserne notevole il ritrovamento, sembrandomi che tale identità di oggetti non comuni, anzi rari, sia uno degli argomenti per credere che i sepolcri di Villanova e di Bologna appartengono alla medesima civiltà, alla stessa epoca, allo stesso popolo, tanto più che ogni altra particolarità dà indizii e prove di questa medesimezza.
Non porrò sott’occhio la corrispondente mancanza di metalli preziosi, di segni alfabetici, di pittura vasculare nel suo vero significato, nè la scarsezza di ferro compara-