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Al qual danno si dovrà ancora aggiugner quello delle opere da rifare per la men buona esecuzione loro, la quale ripetutamente rilevata, per quanta affermasi dagli ingegneri governativi soprantendenti ai lavori, o mandati da Vienna a visitarli, forse può anche ascriversi, a causa principale de’ ritardi frapposti alla concessione d’alcune delle autorizzazioni impetrate dall’autorità superiore.
Questa, di fatto, vuolsi riconoscerlo, dopo l’impegno assunto di cantelare all’evenienza agli azionisti il 4 per % del danaro da essi speso, ha verso l’universale de’ contribuenti, a di cui carico, in fin di conto, ricade tale favore, un maggior dovere d’invigilare alla vera utilità e perfezione d’ogni lavoro, sì progettato, che eseguito, e può quindi essere condotto a più lunghi sindacati per accertarsene.
Se pertanto è vero, come supponesi, che l’ingegnere capo della sezione che vuolsi eretta delle strade ferrate dell’Impero per le province italiane fu gravemente scontento dello stato de’ lavori progettati, la qual cosa certamente a lui, che dicesi Italiano pure, sarà costata assai per onore patrio di dover denunciare, è ragionevole un ritardo nell’approvazione delle proposte, meritevoli di maggior sindacato.
A noi duole assai, teneri come siamo quant’altri dell’onore dalla patria comune, dovere fare queste admessioni. Ma oltreché ci crediamo in debito d’essere interamente imparziali, riputiam pessimo partito quello di mostrare anzi impegno od a velare o scusare qualsiasi nostra imperfezione. Perocchè ascriviamo molte parti della presente nostra condizione men progressiva anzi decaduta, alle adulazioni di certi scrittori della Penisola, i quali unicamente intenti a celebrare le passate nostre glorie (cui primi noi facciamo pur plauso, riconoscendole), credono che possiamo dormir neghittosi e trascurati all’ombra di esse; e quasi deridendo coloro che van predicando necessità d’una bene ordinata ed onesta operosità, la quale sola conduce al ben inteso progresso, questo van negando o chiaman falsato anche là dove pure esiste.
Il piacere di scrivere cotesti pungenti frizzi, anche in benissimo stile, e la melanconica idea di lodare soltanto il passato in eloquentissime pagine cui spesso son mossi taluni di quegli scrittori, non ci pare grandemente proficuo al bene della patria comune. Quindi a noi parve, anche a corto di doverne ritrarre qualche severa censura, ch’abbiamo, però il convincimento, di non meritare, doversi dir chiaramente il vero, onde i nostri concittadini, traggano argomento a correggere le notate mende.
La strada di Como non offre nuovi particolari. Le trattative intavolate tra il barone Escheles ed il nobile Volta andarono a monte, e quantunque sia emanata recentemente sentenza favorevole al Volta, temesi non voglia essa ancora esser l’ultima in quella lite.
Terminando le notizie ulteriori, sulle strade del regno Lombardo-Veneto diremo ancora: