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del suo flagello; tu siederai addolorata e sola, patria dell’idillio e della fame!

Veniamo ora alla terza ed alla più grave di tutte le difficoltà, a quella cioè che nasce dal dire che sarebbe spensieratezza mettersi a novella impresa, mentre già la maggior parte dei mezzi vuoi essere assorbita dalla costruzione dei varii rami di strada ferrata che mettono capo a Genova. Ahi quante belle e grandi e piccole imprese vanno a monte per la mancanza dei nummi! all’ignavia di quanti serve di pretesto e di scusa il difettar del danaro! Pei prodigi dell’antica sua istoria, di cui la parte più splendida sta nel commercio, per causa del suo avviatissimo porto, pel numero dei doviziosi mercatanti che v’hanno stanza, Genova meritava senza fallo la preferenza; e non peno a comprendere, e debbo pur confessare che dovendola fare coi fondi del governo, la prudenza vuole che questo non si accinga per ora a fatiche novelle, atte a far credere che trascurar si voglia ogn’altro ramo di pubblico servizio e di pubblica prosperità, da quello in fuori delle strade ferrate. Ma fondi del Governo non sono i soli mezzi coi quali si conducano si vaste e così illustri imprese. Veggo che negli altri Stati, dove un maggior bisogno d’operosità si appalesa, il metodo il quale con savio consiglio venne da noi adottato, s’avvicenda e s’alterna con quello delle compagnie, posti gli opportuni confini e le provvide cautele idonee, a salvar le sostanze dei privati dalle insidie degli speculatori sottili. Non coi soli danari degl’ingegnosi, ma non troppo ricchi Toscani s’aprono e stan per aprirsi le innumerevoli vie che solcheranno tra breve la superficie del gran ducato. Ad una colà si accenna che da Livorno dovrà per Pontremoli condursi a Modena. Affine di controbilanciarne gli effetti è conveniente che questa via d’Albenga pel Tanaro si faccia. E tal convenienza meglio che non altrove vuol essere sentita in Torino, dove non mancano gii uomini che sanno profondarsi nell’esame delle più ardue questioni, e comprendere che, per salire all’utile grado di emporio operoso, non basta che una città abbondi di consumatori, ma fa di mestieri che sia luogo opportuno al transito e comodo agli scambi. Le provenienze di Genova le vengono di traverso, e, per cercar loro una continuazione di via, v’ha chi con nobile ardimento pensava doversi aprire lunga spelonca nel fianco delle Alpi, per giungere senza troppo rapide salite dalla valle della Dora sino a quella dell’Arc. Ma le Alpi son esse di si severo contegno, che sembra più facile vezzeggiarle al di fuori che non piantarvisi dentro, fintanto che meglio conosciuto dagli uomini il modo di usar la forza elettro-magnetica, non ci suppediti la virtù di perforarle da banda a banda. Laddove le provenienze di Albenga giungerebbero a Torino per la diritta via; e per diritta via trasmettere si potrebbero al lago Maggiore dal Ticino, o mercè di una strada ferrata o per via di quel canale che venne, non son molti anni, ideato e proposto dal valente ingegnere milanese il signor Carlo Parea. In vista di così sterminato vantaggio come mai si chiuderebbero le